Direttrice del Museo del Bargello era Giovanna Gaeta Bertelà e dalla sua collaborazione con Paola Barocchi, allora docente di Storia della critica d’arte presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, nacque l’idea di dare vita ad una Associazione, chiamando a farne parte non solo noti professionisti e studiosi illustri (che avrebbero potuto caldeggiare le varie iniziative) ma anche imprenditori toscani (che potevano aiutare a reperire sponsorizzazioni di vario tipo). Il consiglio composto da sette membri venne presieduto da Paola Barocchi, ed ebbe la costante la presenza del notaio Ruggiero per la consulenza giuridica.
Il Bargello aveva bisogno di un riordino generale: dalla sicurezza degli ambienti (come la Sala del Verrocchio e la Scala del Cortile), a un ascensore, a una forma di riscaldamento, a bagni per il pubblico, a vetrine climatizzate con vetri antisfondamento, oltre a un metodico studio scientifico che portasse alla luce la storia del Palazzo e delle sue collezioni. Le specifiche tipologiche della raccolta risultavano invero eccezionali e incredibilmente numerose (gli inventari danno un numero di circa 50.000 esemplari). La scultura rinascimentale, le robbie e in particolare le arti “congeneri alle maggiori” (quelle arti in parte già appartenute a Lorenzo, Cosimo I e Francesco de’ Medici), riconosciute tali da Giorgio Vasari e richiamate in vita da Paola Barocchi nel 1980 con la Mostra di Palazzo Vecchio, venivano ad assumere un ruolo determinante nella storia dell’arte e nel contesto della storia museografica del Bargello. Un patrimonio straordinario che doveva essere aggiornato, curato, studiato e fatto studiare, pubblicato e fatto conoscere con piccole mostre e libretti, in previsione di veri e propri cataloghi scientifici illustrati. Un intreccio venne così a crearsi naturalmente tra il Museo e gli Amici che poterono assicurare un sostegno finanziario alle iniziative del Museo e contribuire a permettere a giovani universitari di approfondire le loro ricerche, e aiutare nello stesso riordino delle preziose raccolte.
Paola Barocchi con i suoi allievi, con studiosi provenienti da altre università e con alcuni ispettori onorari ne fu un tramite. Venne a crearsi un vero popolo del Bargello, in continua volontaria collaborazione con il direttore Giovanna Gaeta Bertelà, e il vice direttore Beatrice Paolozzi Strozzi – che ne divenne direttore nel 2001 – e coadiuvato per dedizione, disponibilità, gentilezza e senza limiti di orari o di incombenze dal prof. Marco Spallanzani. Tutti si impegnavano come volontari, ripagati dal veder crescere un museo eccezionale, considerato fin dal periodo di Firenze capitale la “casa dei fiorentini”. Del resto le carte degli archivi, fiorentini e romani, illustrando la storia dell’edificio esemplificarono la nascita delle sue raccolte che, pubbliche e private, sull’esempio dei musei stranieri ottocenteschi convivevano insieme.
I fondi statali, pur limitati, venivano assegnati regolarmente. La Soprintendenza ai Monumenti curò il restauro della Sala del Verrocchio e dello Scalone del Cortile; per le manutenzioni e i restauri di opere d’arte intervenivano l’Opificio delle Pietre Dure e ditte private.
Il Museo cresceva, faceva bella mostra di sé anche con acquisti e con esemplari che, scelti dal Deposito, venivano ad arricchire e completare le nuove vetrine del primo piano, finanziate tramite l’Associazione da Enti privati. Firenze aveva finalmente preso coscienza che il Bargello era un Museo straordinario da valorizzare in tutti i sensi. Grazie a La Fondiaria, Banca Toscana, Regione Toscana, Cassa di Risparmio, la prestigiosa collezione delle maioliche del Museo, gli avori antichi e l’oggettistica straordinaria del francese Carrand, gli ori e gli smalti del Rinascimento recavano lustro e storia alla Sala delle maioliche, a quella Carrand e ai nuovi allestimenti di Cappella e Sagrestia. Nella vecchia Torre del Bargello nasceva la ricchissima Sala islamica (1983) creata da Curatola e Spallanzani con particolare attenzione per le opere esposte, alcune di esse attestate fin dalla fine del XV secolo. La mobilia cinquecentesca donata dall’antiquario Bruzzichelli, veniva collocata insieme ai vetri secenteschi nell’ambiente che reca al Verone
Il riordino degli ambienti e delle collezioni presentava il problema non indifferente delle pubblicazioni. Sull’esempio di un librettino, di poco spessore ma raffinato e molto curato della Fondazione Abegg di Riggisberg (Berna), la Direzione del Bargello propose a Paola Barocchi, che gestiva con la famiglia anche la casa editrice SPES (Studio per Edizioni Scelte), una realizzazione analoga per il Museo.
Associazione ‘Amici del Bargello’, Museo Nazionale, SPES univano le loro forze per dar vita a Lo Specchio del Bargello. Ebbe in tal modo inizio l’avventura della collanina (1981-2001), il cui primo numero “Il parato di Niccolò V “ fu varato dal prof. Ulrich Middeldorf: in tutto 49 libretti (1981-2001) affiancati dalla serie le Mostre del Bargello (1983-2003) e da quella Acquisti e Donazioni (1970-2002).
Bargello e Associazione si offrivano come palestra per i giovani studiosi. E mentre il Museo con i suoi specialisti dava inizio a veri cataloghi cartacei – Medaglie italiane e del Rinascimento, 1984-85, Omaggio a Donatello1985, Sigilli Ecclesiastici, Privati e Civili 1988-90, Omaggio ai Carrand 1989, Oreficeria sacra 1990, Maioliche Italiane 1992, Stemmi 1993, Placchette 1996 – gli Amici cominciavano la pubblicazione-trascrizione di alcuni inventari quattrocenteschi in primis l’ Inventario in morte di Lorenzo il Magnifico, (1992), a seguire gli Inventari medicei del 1416-1465 (1996) e le Deliberazioni del 1495 (1999). Tramite il Giornalino dell’Associazione i soci venivano aggiornati sull’attività della stessa strettamente connessa a quella del Museo del Bargello (acquisti, donazioni, restauri, mostre in corso e in preparazione, pubblicazioni, sponsorizzazioni).
Il 19 dicembre 2001 muore ad Empoli Francesco Lilloni Alberti il quale ha istituito sua erede universale l’associazione Amici del Bargello dotandola di un ingente patrimonio con le cui rendite essa avrebbe potuto contribuire in misura assai maggiore del passato, alle attività del Museo. Il suo nuovo stato tuttavia richiedeva una struttura amministrativo-giuridica più consona, consigliando la trasformazione della Associazione in Fondazione.
Quindi, la delibera della Assemblea del 29 aprile 2010 procede all’atto di trasformazione da Associazione a Fondazione, cui al momento la Regione Toscana – per interpretazioni dottrinarie – si oppose alla sua registrazione aprendo un lungo contenzioso che si è concluso favorevolmente con la sentenza del Consiglio di Stato del 21 ottobre 2014 che ha accolto il ricorso della Fondazione. La Regione Toscana quindi, il 19 marzo 2015, ha iscritto nel Registro delle Persone Giuridiche il cambiamento statutario e pertanto dal primo giugno 2015 la trasformazione è diventata esecutiva.
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